Muore il Conte palermitano. Perchè quello di Lucio Tasca D’Almerita non era soltanto un titolo nobiliare ma un modo di essere; Lucio nobile lo era nei modi, nei gesti, nella postura. L’ho sempre paragonato a Giovanni Agnelli, fin dalla pima volta che lo vidi a Pantelleria accanto a Carole Bouquet, durante un incontro sulla Vite americana.

Era lui a dettare i tempi e gli argomenti pur senza aprire bocca, trasudava autorevolezza. E non per il suo ruolo sociale ma perché fonte massima di conoscenza sul vino siciliano, sul modo di produrlo e di venderlo.
La famiglia Tasca D’Almerita, nel mondo del vino, ha avviato con Lucio un percorso in cui è il prodotto finale a parlare e non il blasone, adottando un atteggiamento sempre collaborativo con gli altri produttori senza pretendere sconti o favori. Una vita volta a rendere grande la sua terra come territorio enoico d’eccellenzasenza abbandonarsi agli agi che i natali gli hanno concesso ma continuando a diversificare la produzione e le zone di coltivazione convinto com’era, che la Sicilia fosse un Continente enologico con temperature, suolo e metodi di coltivazione che cambiano ad ogni battito di ciglia. Dall’equitazione al vino, dal jet set agli stivali infangati, la vita del Conte Lucio è sempre stata proiettata al futuro, della famiglia e dell’Isola.
La Sicilia non perde un nobile di nascita, ma di animo.
Il nostro cordoglio a tutta la famiglia.
Cinzia Taibbi