Giovane, innovativa e moderna, è questa la prima impressione che si ha di questo nuovo tempio del gusto nel cuore di Palermo.
Siamo a Piazza Borsa, alle spalle di Corso Vittorio Emanuele e vi stiamo raccontando un’esperienza del tutto nuova. Un percorso food, ricco di piatti dalla chiara visione gourmet vengono scanditi da una serie di proposte di vini eccellenti.

Era il 29 giugno, in una serata dal nome “Sobremesa, morsi e sorsi con Todaro”.
Possiamo definirla “la serata di presentazione”
del neonato ed ambizioso locale, che con il suo nuovo menù estivo fa giá parlare di se.
La serata come si evince dal nome, è stata il trionfo di un matrimonio con i vini dell’azienda Todaro di San Giuseppe Jato (Pa) che da pochissimo ha rinnovato la sua cantina, in un percorso multisensoriale.
Sobremesa è un luogo dal design semplice, trasparente e curato, raccontato da Luca Lo Dico con una storia tutta sua che non si risparmia di condividere, eccola: Sobremesa, letteralmente significa “Sulla tavola”, è quel lasso di tempo magico in cui, a fine pasto, si resta seduti a chiacchierare.
È il momento conclusivo, quando il fidanzato chiede la mano della propria sposa. Per ragioni personali non abbiamo potuto vivere questo momento, così come gesto d’amore ho dedicato questo locale a mia moglie, in memoria di quell’attimo mai vissuto, ma tanto sperato».
Il secondo protagonista di questa bella storia è lui, Pietro Li Muli, classe ’81, di Palermo, ci tiene a precisare che punta sempre alla semplicità dei sapori, abbianando pochi elementi del territorio seguendo la stagionalità, così da trasmettere i singoli sapori e la freschezza all’interno di OGNI PIATTO.
Ospite in sala è stato il produttore Giuseppe Todaro che, assieme al giornalista palermitano e sommelier Ais Italia Marcello Malta, ha intrattenuto i commensali raccontando vini e vitigni.
Ho avuto oggi l’ispirazione di scrivere di questa cena perchè qualcosa, a parte la carica e l’entusiasmo dei protagonisti naturalmente, mi ha colpito parecchio, è stata la Santuzza, esatto proprio lei, protagonista del menú, in primo
piano in copertina e visto che oggi é il festino, quale momento migliore per raccontarvi questa fantastica esperienza.

Andiamo al percorso, che io adoro definire emozionale, visto che poche cose nella vita riescono a darmi tanta emozione e gratificazione insieme così come il cibo.
Il primo step terapico è
L’Amuse-bouche: Sfera di mozzarella di bufala Dop ripiena di pomodoro su specchio di basilico
Antipasto: Cruditè di pesce aromatizzato al pompelmo, pepe di Sichuan, noce pesca con gelato all’avocado e polvere di peperoncino
Vino: Nihal Todaro 2018 (Grillo)
Secondo step, il “Primo piatto”
Corde di chitarra feudo Mondello con crema di mandorle di Avola, zenzero e fasolari
Terzo step “il Carnaroli alla mela Smith”
crema di zucchine genovesi e cialda di Ragusano Dop
Vino
Ginestra Todaro 2016 (Catarratto)
Quarto step “il Secondo piatto”
Capocollo di maialino nero dei Nebrodi Dop, cotto a bassa temperatura con scarola, purè di melanzane arrosto, sua demi-glace e cialda croccante di tuma persa
Vino
Feotto Todaro 2016 (Perricone)
Dulcis in fundo “il Dessert”
La Mousse di ciliegia dell’Etna alla riduzione di Perricone Feotto Todaro, aloe vera candita, cilindro di riso Acquerello al cioccolato “Valrhona”, zenzero candito, peperoncino e pistacchio salato
Vino
Cantine Marilina Gocce d’Autunno (Nero d’Avola Passito)

I vini della Cantina Todaro raccontati dal sommelier Ais Italia e giornalista Marcello Malta:
Nihal Grillo 2018
Il vino si presenta di uno sfavillante giallo paglierino. Bellissima lucentezza e buona consistenza.
● Al naso profonde una marcata intensità, sprigionando i classici sentori caratteristici del Grillo come le note agrumate (limone, pompelmo), poi nespola, pesca tabacchiera. Leggero melone bianco. Fiori di camomilla come note floreali. Ancora sentori erbacei come menta ed ortica (un classico per il Grillo). Per finire tocchi speziati di anice stellato e un effluvio di pietra focaia come sentore minerale.
● In bocca subito evidente il tenore acidico. È un vino fresco, con una presente sapidità, che si contrappone alla sua non indifferente sensazione pseudocalorica. Buon equilibrio morbidezza-durezza. Manifesta perfetta corrispondenza naso-bocca. Alla deglutizione ha buona lunghezza di aromi di bocca e riaffiorano i sentori sia nasali sia diretti. Leggera sfumatura amaricante nel finale, tipica dei vitigni aromatici e semi-aromatici.
Ginestra Catarratto 2016
Colore giallo paglierino. Consistenza rilevante.
Spiccata intensità di profumi al naso, variegatura composta e gentile di sfumature odorose: dalle floreali giovani, come zagara e gelsomino, ai sentori agrumati e di frutta bianca, come la mela golden e la pesca. Intriganti accenti minerali e di erbe aromatiche come salvia e timo, ma soprattutto un inebriante origano. Stuzzicanti sbuffi speziati di anice stellato e ginepro sul finale.
In bocca riempie. È molto gradevole. Pregevole sapidità che sostiene il sorso. In retrolfazione ritorni di vivida freschezza a carattere floreale e fruttato. È
Lunghissimo. Ne vuoi un altro bicchiere. È sintomo di piacevolezza, l’elemento che conta.
Feotto Perricone 2016
È rosso rubino inchiostro, strutturatissimo. Praticamente blu. Compassato nel calice. Ha una rilevante estrazione polifenolica.
Straordinario impatto dei profumi. Quantità e qualità investono fragorosamente il naso quando lo respiri. Subito note fruttate: la ciliegia blu amarascata è corroborata da sensazioni vegetali e balsamiche di mirto, ginepro, mentolo e macchia mediterranea. Poi speziatura come pepe nero, liquirizia e rabarbaro, ma anche note dolci di zucchero a velo e cannella. Sconvolge e meraviglia la nota ematica che si accosta a quelle terrosa e ferrosa: sembra aver davanti una bistecca al sangue ancora da sistemare sulla brace. Persino accenni tostati di polvere di caffè e di cioccolato fondente. Dei piccoli sbuffi di “ospedale” come mercuro cromo e iodio evidenziano la nota quasi terapeutica. Il Perricone è un “vino medico” per via delle sue doti naturalmente antiossidanti del resveratrolo, concentrazione doppia rispetto agli altri rossi. Insomma, verrebbe da dire: più lo bevi e più stai bene.
Il suo tannino è disteso, ma c’è, è vivo. Ma ha una grazia ed una lunghezza che potrebbe sfidare le leggi del tempo dell’evoluzione. All’ingresso riempie. Appaga e soddisfa. Freschezza e sapidità corroborano il sorso e sembrano non fare affiorare i 13,5% di alcol. Succo di ciliegia, balsamicità, zucchero a velo, note ferrose ed ematiche: in bocca torna il “naso”. Lungo, lunghissimo.
Vorresti che non finisse mai per la piacevolezza di frutto che ti regala. Monumentale. O quasi.
Torneremo di certo a gustare la loro cucina, incuriositi da un’anteprima dello chef che non posso svelare ma che ha a che fare con il più contrastante piatto estivo della tradizione Siciliana, “la pasta con i Tenerumi”